Repubblica — 14 agosto 2008 pagina 29 sezione: CRONACA
MILANO - Via libera alla grappa del contadino. Quella vietata, clandestina, quella fatta in casa col vecchio alambicco di rame, quella dal gusto ruvido e potente. Talvolta pericolosa. è quanto prevede un disegno di legge dei senatori della Lega Enrico Montani e Sergio Divina, che propongono di togliere il divieto di farsi la grappa in casa, e di consentirne «la produzione artigianale nei contesti agricoli, in famiglia e con mezzi artigianali». A condizione che vi siano i requisiti igienici e che la produzione venga limitata a una quantità massima di 30 litri (ALL'ANNO? ALLA SETTIMANA? AL GIORNO? Ndr) destinati «esclusivamente all' autoconsumo» o alla vendita negli agriturismi «gestiti dal produttore medesimo». E' una sortita che trova «d' accordissimo» il ministro leghista dell' agricoltura Luca Zaia: «In tantissime case c' è il bottiglione di grappa dato dall' amico contadino, e io ho conosciuto gente che è finita in galera perché ha usato cinquanta chili di vinacce per farsi la grappa. Smettiamola di fare gli ipocriti. Anche perché si tratta di mantenere una tradizione. Dalle mie parti si dice che piuttosto di perdere una tradizione è meglio che bruci un paese». Anche la signora italiana della grappa, Giannola Nonino, non ha nulla in contrario: «La produzione per uso familiare l' aveva già prevista Maria Teresa d' Austria, e ci sono due norme, la legge 504 del '95 e il regolamento 153 del 2001, che la consentono tuttora. Ma il problema - ammonisce - sono gli accertamenti su quanta grappa viene prodotta davvero. Già adesso non si fanno. Se si continuerà a non farli, si rischia una produzione illimitata di contrabbando, e una concorrenza sleale da parte di contadini e agriturismi verso produttori e ristoratori». I senatori della Lega sostengono che la prassi di produrre distillati «con modalità domestiche o artigianali» non si può dire scomparsa, tanto che altri paesi dell' arco alpino, come l' Austria, hanno provveduto ad agevolare questa produzione «purché nel rispetto delle norme di sicurezza e in quantitativi limitati». Di qui l' intenzione di rendere legale «una prassi attualmente non legittima», purché nell' ambito di vincoli «tali da garantire la qualità e la genuinità del prodotto», e da escludere possibili pregiudizi a danno delle imprese produttrici. Proprio quello che teme la Nonino. Il ministro rassicura: «La grappa fatta in casa non va sul mercato a fare concorrenza ai grandi produttori. E' come il contadino che si fa il salame dal suo maiale». Non vanno sottovalutati, piuttosto, i rischi per la salute. Spesso la grappa prodotta in casa con alambicchi improvvisati fatti con il boiler del bagno e i tubi dei termosifoni, è micidiale. Il rischio è il famigerato alcol metilico, che sbuca in forma di goccioline dalla serpentina. Non a caso già nel '400 uno dei padri dell' acquavite, il senese Vannuccio Birunguccio, metteva in guardia gli aspiranti grappaioli. Parlando dell' «acqua di vita» scriveva che per chi non la sa fare «chiamar si debba acqua di morte». Non a caso l' anno scorso la «grappa killer» al metanolo ha fatto sette vittime in Sicilia. Ma il ministro Zaia non sembra preoccupato. «Non ho mai conosciuto nessuno morto di grappa. Il contadino sa bene come fare per evitare ogni rischio, scartando con cura la testa e la coda, cioè ciò che esce all' inizio e alla fine della distillazione». E comunque, aggiunge, «è bene stare attenti». Perciò promette di istituire dei corsi «per insegnare a distillare correttamente a tutti quelli che vogliono farsi la grappa in casa».